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Un pomeriggio di settembre

Seduti sulla panchina, io e don Mario parlavamo (lui parlava), ogni tanto ci scambiavamo qualche sguardo, che poi ritornava sulla facciata della cattedrale, sulle basole (sofferenza comune), su Piazza Arnaldo, che dolore provava per quello sfondo: “Che possiamo fare per far riparare quelle mura? E sul “suo” battistero per cui lamentava promesse non mantenute, soffriva molto per quel lavoro mai portato a termine. Quell’incontro non fu casuale, mi aveva mandato a chiamare per esprimere il suo bel giudizio per un articolo pubblicato su blogacerenza.info dopo la scomparsa del Cardinale Martini. Mi sentivo inadeguato ad affrontare quell’argomento poiché il mio intervento era stato solo il frutto di una riflessione su un pensiero del Cardinale: “per la verità scegliere anche le avversità ”. Avevamo anche altri argomenti molto interessanti da scambiarci e, dal momento che io mi ero preparato una “ chicca”, ero sicuro che poi qualcosa di interessante avrebbe tirato fuori dal cilindro dissi “don Mario stavo facendo una ricerca su internet sulla mia musica preferita, e mi sono imbattuto in Oddone da Cluny!“ Sant’Oddone da Cluny “ disse lui, e il suo viso si illuminò mentre pronunciava quel nome. “Sant’Oddone da Cluny fu abate ma anche teorico musicale e i monaci cluniacensi hanno dato un grande contributo al canto gregoriano“ aggiunse, “e non molto tempo fa qui ad Acerenza vi è stata una iniziativa con padre Anselmo Susca da Noci“. Successe quel che speravo e mi raccontò un aneddoto inedito (almeno per me) io mi girai di fronte a lui e lo ascoltai con attenzione. “Negli anni settanta vennero dei monaci francesi dell’abbazia di Sant’ Antimo in provincia di Siena per un servizio fotografico sulla nostra cattedrale. Portarono con loro una strumentazione eccezionale, delle macchine fotografiche professionali, non so raccontarti” mi disse “quanta roba scaricarono dal loro furgone”.

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Cattedrale sec.XI facciata con portale

“Al loro arrivo feci gli onori di casa e volli offrire loro un caffè o qualsiasi cosa essi volessero, ma declinarono l’invito. Erano molto concentrati sul loro lavoro, scaricarono tutto l’arsenale di cui erano dotati e così cominciarono il loro servizio dall’interno della cattedrale, durò molto, e” aggiunse “erano scrupolosi, professionali e io assistetti per tutto il tempo”. Finito l’interno cominciarono a lavorare fuori iniziando dalla facciata andarono verso l’attuale Piazza Arnaldo, ripresero il lato absidale di Via San Giovanni e girarono fino al Largo Glinni, dove conclusero il lungo lavoro. Qui presero a smontare le loro attrezzature e intravidi la possibilità di scambiare qualche parola con uno di loro e, a discorso inoltrato, tra le varie curiosità chiesi: – ma Cluny com’è, cosa è rimasto dell’abbazia? – Il monaco posizionato vicino al furgone nei pressi dell’abside, vicino alla fontana disse: – Cluny?- e ripeté, -Cluny?- E io sbigottito, guardando quegli occhi spiritati gli sentii dire ancora: – Cluny è qui, questa è Cluny ripetè più volte e abbracciò l’abside.” Non so se questo mio racconto saprà trasmettervi l’emozione di quel momento, ma molti di voi hanno avuto delle belle razioni di racconti e aneddoti da lui. Erano quindi venuti fuori due argomenti che andavano approfonditi. Due argomenti, come tanti altri, che gli stavano a cuore perché da questi si poteva trarre qualcosa, costruire un evento, per esempio, per animare la “sua” comunità, oppure riqualificare quel pezzo di area urbana così esposta agli sguardi dei visitatori. Ecco vedete, si occupava e si preoccupava, sempre del benessere comune. Ma perché lo faceva nonostante le poche forze che gli erano rimaste? Tutti noi abbiamo riconosciuto a don Mario per questa sua qualità di creare dal nulla eventi o realtà che ancora oggi vivono della sua spinta.

 

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Cattedrale sec.XI lato absidale

La mia personale esperienza vissuta al suo fianco, come componente del Comitato Feste, mi portò a conoscere una persona coraggiosa e aperta alle innovazioni. Fu sostenitore di rinnovamenti anche drastici rispetto alla tradizione ma soprattutto era un soldato umile e lottava per le novità che condivideva. Era così attento alla potenzialità delle cose e delle persone di Acerenza che non gliene sfuggiva una. Fui chiamato da lui per affiancare Padre Paolo Polci (un’altra gran persona che non bisognava farci sfuggire) per andare a visionare la statua di San Pio (allora ancora Padre Pio) che poi fu posizionata dov’è ancora adesso e con mia sorpresa seppi all’ultimo momento che lui non sarebbe venuto per cui mi delegò al suo posto. Con don Mario era possibile organizzare eventi sacri ma anche profani, non dimentico quando aprì le porte della cattedrale alla musica gospel e per questo, (mi dispiace ancora adesso) fu molto criticato da qualche “conservatore”. Ci rimasi male per avergli fatto sopportare quel giudizio, gli dissero, anzi gli rinfacciarono: “hai fatto entrare il jazz in cattedrale”. Sul rispetto per il luogo sacro don Mario fu sempre scrupoloso e prima di autorizzare qualsiasi iniziativa, chiedeva assicurazioni sulla sacralità delle musiche e, non dimentichiamo l’ospitalità che dette tante volte nel cineteatro parrocchiale a spettacoli profani ai quali riconosceva comunque una funzione educativa.

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Il battistero di epoca longobarda durante il corteo storico

Tuttavia un ricordo di forte sofferenza lo colsi nell’agosto del 2012, quando partecipò all’incontro per la presentazione della pubblicazione su Maria Balsa: era molto sofferente per quella storia e glielo lessi su quel viso già provato dalla malattia. Attraversando il corridoio tra le sedie si fermò dov’ero io e dopo uno dei suoi lunghi silenti sguardi disse: “e tu che fai qua?”. Sapeva benissimo cosa ci facevo li, così come io sapevo cosa ci facesse lui e tutti gli altri presenti, eravamo li per scacciare un nemico che lui ha sempre combattuto nella sua vita di sacerdote e di uomo. Mentre soffriamo per la sua scomparsa dobbiamo riflettere sulla eredità morale che ci ha lasciato e farne un’occasione di crescita e di maturazione per il nostro futuro. Mi piacerebbe vedere la casa di don Mario con i suoi libri, i suoi francobolli, i suoi manifesti, (che mi promise di farmi vedere ma non ci fu mai l’occasione per farlo). Per finire, quel giorno mi disse: “Ora è tardi comincio a sentire freddo, ma un’altra volta ti farò vedere le testimonianze del convento nel centro storico …”

" Maxima Fides "

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- Immagini di un luogo antico -

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